Il racconto – Dei ricordi di questo periodo trascorso dalla nostra famiglia in Messico ben pochi ne sono arrivati sino a noi, è stato mio padre il primo a parlarmi del Messico come paese coinvolto nella storia della famiglia. Nel 1965 io frequentavo la scuola media di Tezze sul Brenta e durante le presentazioni che si fanno i primi giorni di scuola, (necessarie per conoscersi un pochino, alcuni dicevano che la loro famiglia abitava qui ma proveniva da zone diverse), il professore di italiano mi ha chiese di dove era nativa la mia famiglia che portava un cognome così raro dalle nostre parti, io non seppi rispondere con certezza alla sua domanda. Scoprii che praticamente io non sapevo niente di certo sul passato remoto della famiglia di cui porto il cognome e questo fatto mi lasciò pieno di interrogativi. Tornato a casa chiesi alla mamma spiegazioni a riguardo, lei ne sapeva pochissimo anche della sua di famiglia figuriamoci di quella di papà, mi disse di chiedere a lui.
Non fu molto facile aver la sua disponibilità di raccontarmi quello che sapeva, prima di tutto perché i tempi erano sempre tirati e le cose da fare superavano sempre il tempo che aveva. Il tempo che riusciva a guadagnare alzandosi all’alba e d’inverno anche prima, era assorbito dal completamento dell’abitazione per i miei fratelli. Comunque nel momento quasi rituale della sera in cui prendeva il sacco e andava a lavarsi i piedi, (fino al ginocchio nell’acqua fresca del fosso che scorre davanti a casa) mi ha chiamato a se e da quel momento è nato un dialogo sull’argomento (e non solo). Lui mi disse che il bisogno di sapere le origini della famiglia per lui era stato nella sua vita quasi un tormento, e quasi voleva scusarsi per non potermi fare un quadro chiaro di tutto.
Iniziò col dirmi che gli antenati della nostra famiglia provenivano da Selva del Montello e che li aveva vissuto uno zio e che li vivevano i suoi discendenti. Mi fece notare che qualche anno prima anch’io avevo conosciuto la figlia maggiore e una nipote di questo suo zio, (io lui e Luigi, con la giardinetta, una domenica pomeriggio eravamo andati a Montebelluna, dove dimorava nella portineria di una bella villa risalente all’epoca della Repubblica Veneta). Il suo racconto non seguiva l’ordine del tempo in cui i fatti si erano succeduti ma si sviluppava a seconda di come gli venivano i mente, cercherò di raccontarveli io in ordine cronologico. L’antenato di partenza dei suoi ricordi fu nonno Nico così lo chiamava, di lui era a conoscenza che viveva a Selva che dopo il matrimonio era emigrato in Messico e li era nato suo padre (il nonno per me), (da qualche anno so che li era nato anche Giuseppe il terzo fratello di mio nonno). Come e quando si sia passati dal Messico al Brasile lui non lo ha mai saputo, tante informazioni sono andate perdute. I ricordi suoi del Brasile per lui si riducevano al camminare scalzo e a qualche altra cosa di poca importanza a suo dire, le località che più nominava (forse parole che aveva sentito frequentemente ripetere) erano: Rio de Janeiro, San Paolo, Porto Alegre, Rio de La Plata .
La sua prima narrazione si concluse con le seguenti considerazioni ed interrogativi : le prospettive di vita per la famiglia si dimostrarono forse incerte se decisero di trasferirsi in Brasile, fu una scelta obbligata da qualche avvenimento, fu la ricerca di maggior stabilità o lo spirito d’avventura a spingerli ad intraprendere un viaggio impegnativo più del precedente di un migliaio di chilometri.
I viaggi delle famiglie De Marchi e Tonellotto. Il tratto tra l’Italia e il Brasile è stato percorso in entrambi i sensi
Terminato questo primo racconto ne seguirono molti altri integrati anche da ricordi di zia Giustina, di mamma per sentito dire dalle nonne, e da altre persone che in un modo o nell’altro conoscevano cose che a me sono sembrate interessanti.
Dal Messico al Brasile – La famiglia De Marchi arriva in Brasile presumibilmente nell’ anno 1894 (o in una data
abbastanza vicina a questa), in quello stesso periodo la famiglia Tonellotto anche lei emigrata dall’Italia, viveva la stessa esperienza (si ipotizza la stessa esperienza: dal modo di distribuzione delle zone di lottizzazione date ai coloni perché dissodassero la terra e la rendessero adatta alle coltivazioni, dalla difficoltà di comunicare, la gente che proveniva da zone diverse del mondo aveva modo di stabilire amicizia e collaborazione solo se si trovava ad operare nella stessa zona e magari accomunata da un unico obiettivo comune.)Il fatto che si siano conosciuti vuol dire che operavano nella stessa zona, quindi erano arrivati li nello stesso periodo, se poi sono arrivati a sposarsi tra loro in doppio legame, (due fratelli De Marchi sposarono due sorelle Tonellotto) possiamo dedurre che i rapporti tra le due famiglie devono essere stati frequenti oppure brevi ma intensi).
In alcune zone era richiesto ai capi famiglia l’impegno senza salario di tre giorni la settimana per la costruzione della strada che doveva servire a collegare i nuovi insediamenti e opere pubbliche giudicate indispensabili. La coltivazione del caffè impegnava il tempo di quasi tutta la famiglia, ci sono stati racconti a riguardo del lavoro comune nei campi di come a volte fuggivano in presenza di pericoli tipo la comparsa di qualche animale pericoloso. I serpenti erano i più temuti , nonostante la prudenza il bisnonno Battista durante il lavoro nei campi inavvertitamente aveva colpito con il falcetto un serpente, prontamente era scappato e per qualche tempo aveva rinunciato a tornare nei campi per timore di quel serpente, (c’era tra loro il detto che i serpenti non dimenticavano mai chi gli aveva fatto del male).
Non sappiamo se sia stata questa la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché dopo questo fatto hanno pensato di tornare in Italia. Tanti altri motivi hanno concorso a convincere la famiglia Tonellotto a tornare, dalle condizioni di vita abbastanza dure, la lontananza da tutto, dalla chiesa, dal distretto (comune), dall’ospedale, dai parenti (lasciati in Italia), dalle scuole, gli acquisti di vestiario e altre necessità venivano fatti dalla persona che curava la raccolta.
Il matrimonio tra Luigi e Angela avviene a Serra Azul il 26 settembre 1903 il motivo di tanta giovinezza in questo matrimonio (21 anni lui 18 lei) forse è dovuto al fatto che i nuclei famigliari avevano diritti di terreni molto più ampi rispetto ai singoli.
Passarono più di cinque anni e il 23 dicembre 1908 nasce papà Antonio, non si conoscono i motivi di un così grande lasco di tempo tra il matrimonio e la nascita del primo figlio, un tempo normale per quel periodo invece quello che passa sino alla nascita di zia Elvira (1/8/1910) poi tre giorni prima della nascita di zia Luigia (31/10/1912) nonno Luigi muore per una malattia che è legata alla consumazione di cibi contaminati o avariati. Non è certo facile stabilire con certezza la malattia che pose fine all’esistenza del nonno comunque il fatto che cambierà il destino della nostra famiglia accadde il 28/10/1912.
Tornando a papà ci raccontarono che ci vollero tre giorni di viaggio per andare a denunciare la sua nascita un giorno e mezzo a cavallo per andare e altrettanto per tornare, e che il nonno essendo arrivato dopo il termine dei tre giorni previsti per la denuncia dei nuovi nati, per non incorrere in sanzioni, denunciò che suo figlio era nato un giorno più tardi. In comune ho visto la trascrizione del verbale di denuncia, in cui è scritto che nella parrocchia di Sào Simào (Serra Azul) persone di lingua ispanica Demarchi Luigi e testimoni hanno denunciato alle ore 9 la nascita di un maschio il 23/12/1908 e che gli hanno posto in nome Antonio. (Serra Azul è una località che dista 250 chilometri da San Paolo verso nord).
Lo stato di San Paolo è suddiviso in distretti (municipi): a Sào Simào c’era la parrocchia dove venivano registrate le nascite, i matrimoni e i dati dei residenti di Serra Azul.
Il ritorno – Al viaggio del rimpatrio sono legati un numero maggiore di ricordi, la mamma doveva quasi sempre occuparsi della sorellina che è stata male addirittura al punto da avere quasi la certezza che non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere, le persone che stavano vicino a nonna Angela si sono dedicate molto per prepararla a questa possibilità, che lei per altro non voleva assolutamente accettare. Il nonno li accompagnava ma aiutava anche nel lavoro sulla nave, è stato seguendo lui di soppiatto che mio padre (in quel periodo aveva 5 anni) ebbe il ricordo più impressionante del viaggio: entrato in un posto dove stavano issando a bordo un pesce che per lui era immenso e che con la coda dava delle botte spaventose contro le pareti, mandando spruzzi d’acqua che hanno investito anche lui.
E la paura a causa di quello che aveva visto non era niente in confronto ai rimproveri e alle intimidazioni ricevute dopo dal nonno e dagli altri (allo scopo naturalmente di proteggerlo dai pericoli come quello che aveva corso andando li all’insaputa di tutti). Da quel che ricordava lui la nave con la quale viaggiavano non era una nave adibita solo al trasporto di persone, ma piuttosto un mercantile.
Sono sbarcati a Napoli, la neve fu un’esperienza nuova per lui (da loro in Brasile non nevicava di certo), ricordava anche le sue prime scarpe comprategli dal nonno all’arrivo a Napoli, poi il viaggio in treno, l’arrivo a casa di nonna Candida (mamma di nonna Angela). Nei racconti seguenti lui percepì che mamma Angela era rammaricata con i De Marchi perché non gli avevano dato la possibilità di vivere e crescere i suoi figli a casa sua, dove aveva vissuto con il marito i momenti più importanti della sua vita. Essere stata costretta a scegliere se risposarsi o tornare in Italia non deve esserle piaciuto molto e neppure abbandonare tutto quello che aveva fatto assieme al marito Luigi in 9 anni di vita insieme. Su come siamo arrivati a queste conclusioni dedicheremo un capitolo di spiegazioni.
Avendo poca dimestichezza con lettura e scrittura, da come risulta dall’atto di matrimonio, non si sono accorti che nel trascrivere il cognome qualche funzionario ha tralasciato di lasciare lo spazio tra il De e Marchi storpiando così il nome della famiglia e creando un disguido che forse non verrà mai più risolto. Da questo problema si è sottratto il figlio maggiore di Domenico, Antonio, che tornò a vivere nel suo paese d’origine (Selva del Montello) dove tutti sapevano chi era e come andava scritto il suo cognome.
– Del periodo passato in Messico sappiamo che nonno Luigi è nato il 17 marzo 1882 e che a Tacuba è nato anche suo fratello Giuseppe nel 1883/1884 stando alle deduzioni dei nipoti.
Da quello che sappiamo concludiamo che il trasferimento in Brasile è vvenuto attorno al 1895.
In un secondo tempo Antonio sceglie una strada diversa : va in Argentina a Buenos Aires poi torna in Italia a Selva del Montello sposa nel 1905 Angelina Sartor, poi torna ad emigrare forse per evitare di combattere la prima guerra mondiale o forse solo per cercare un miglior guadagno al fine di assicurare un futuro migliore alla sua famiglia. Fa periodicamente il viaggio tra gli Stati Uniti e casa per trovare la famiglia.
Intanto anche in Brasile il tempo passava (da racconti della zia Giustina riportati ho saputo che lei non essendo ancora capace di eseguire il lavoro da adulto cercava di rendere meno pesante la giornata agli adulti portando loro da bere e altro, lungo la via spesso doveva evitare e scavalcare i serpenti stesi sulla strada al sole. Raccontava che assieme ai famigliari andava a recitare il Santo Rosario in un posto che era una via di mezzo tra un santuario e un capitello.) Luigi e Giuseppe De Marchi sposano a distanza di due anni le sorelle Tonellotto Angela e Maria, figlie di Giovanni Battista e Toso Candida nativi da Battistei (Cittadella) e Tezze sul Brenta. Da Luigi e Angela nascono Antonio (mio padre) Elvira e Luigia, purtroppo tre giorni prima di quest’ultima nascita Luigi muore di tifo, (malattia facile da guarire adesso ma una volta era diverso). Non tutti ricordano le stesse cose in merito alla malattia che causò tale decesso, comunque il fatto resta che Angela rimane vedova e con 3 figli piccoli. Anche Giuseppe e Maria danno alla luce dieci figli: Antonio, Cristina, Paula, Aparecida, Paulo, Luiz, Rosa, Pedro, Justina, Joao.
Tornando a noi, come è facile da immaginare i problemi per una vedova con 3 figli piccoli non sono pochi, e certo le persone che sono a contatto con lei spesso e volentieri ne vengono coinvolte.
Le impegnative condizioni di vita, i problemi legati alla vedovanza, le premure che riceveva dal cognato, che venivano (magari anche giustamente) viste con gelosia dalla sorella, le impongono due scelte contrapposte: per mettere fine a ciò avrebbe dovuto risposarsi oppure tornare in Italia dai genitori. (Giovanni Battista e Candida, con le figlie Amabile e Giustina erano tornati a vivere a Battistei dove vivevano prima di Emigrare in Brasile).
Per nonna Angina (come la chiamavamo) la cosa migliore fu tornare in Italia, nonno Domenico non poteva certo lasciarla venire da sola e quindi malgrado l’età la accompagnò. Non sappiamo se i suoi propositi erano quelli di vivere per qualche anno in Italia e poi tornare in Brasile, oppure se avesse inteso trascorrere il periodo finale della sua vita dalle sue parti, dove era cresciuto e dove aveva sempre sognato di tornare. Andato a Selva del Montello, dove viveva il figlio Antonio e la sua famiglia, comprò lì vicino una casa (la cui parte più caratteristica è ancor oggi uguale ad allora), visse lì per qualche tempo prima di tornare in Brasile (da un racconto della nuora Angelina Sartor raccolto e tramandato a me dalla moglie del figlio Gino, Candiotto Maria, siamo venuti a conoscenza che Domenico era alto, magro, con gli occhi chiari, che era gentile con lei e che nel periodo trascorso qui le fu di aiuto e sostegno con le figlie. Ci ha anche raccontato del viaggio a piedi fino a Genova per imbarcarsi per il Messico).
La loro casa era situata in una piccola via interna a Battistei, parrocchia di Laghi, comune di Cittadella in provincia di Padova (malgrado il cambio di provincia Laghi e Tezze sul Brenta distano solo qualche chilometro). Anche per la famiglia Tonellotto sono valide le considerazioni sulla situazione ecconomica e sul periodo storico trattate all’inizio per la famiglia De Marchi. Con la nascita della terza figlia, la famiglia cominciò a valutare le proprie possibilità ed aspirazioni, l’opportunità di avere il viaggio pagato per emigrare in Brasile rese la scelta più facile. Stabilitasi in Brasile nel 1895 la famiglia crebbe ancora, le figlie maggiori cominciarono a sposarsi ma cominciò a manifestarsi la nostalgia dei parenti e dell’Italia. L’insoddisfacente prospettiva economica e le dure condizioni di vita in un paese ancora selvaggio fecero nascere le motivazioni per tornare a casa. Il rimpatrio con le due figlie minori avvenne senza particolari memorabili. L’arrivo è un po’ sconcertante perché coincide con l’incrocio del corteo funebre del padre di Battista morto qualche giorno addietro. Su di lui i bisnonni G.Battista e Candida avevano riposto le proprie speranze di avere un aiuto. Il ritorno (stando ai racconti) dovrebbe essere avvenuto verso la fine del 1906
Il 21 novembre 1914 Amabile sposa Pivato Attilio e viene a vivere a Stroppari. Da loro nascono: Pietro, Battista, Domenico, Gerardo, Antonio, Lino,Elio e le figlie Anna, Gina, Lina.
Toso Candida nata a Tezze Sul Brenta l’undici agosto 1864, sposata con Giovanni Battista Tonellotto, vedova il 7 novembre 1918, muore il17 gennaio 1958. Nella fotografia assieme alle figlie:
Amabile, sposata con Attilio Pivato il 21 novembre 1914, nata a Cittadella il 13 luglio 1892, morta nel 1979.
Maria, nata a Cittadella il 14 febbraio 1888, sposata a Serra Azul l’otto novembre 1905 con Giuseppe De Marchi.
Angela nata a Cittadella il 21 gennaio 1885, sposata con Luigi De Marchi a Serra Azul il 26 settembre 1903, vedova il 28 ottobre 1912, muore il 17 settembre 1958.
Giustina nata a Serra Azul il 5 novembre 1897, Sposata con Germano Toso il 18 aprile 1920, morta il 1983.
Il 7 novembre 1918 muore Giovanni Battista e Candida rimane sola con Giustina. Zia Giustina sposa il 7 febbraio 1920 Toso Germano e in un secondo momento costruiscono la loro casa attaccata a quella di nonna Angela. Da loro nascono Pietro, Alfonso, Giulio, Maria, Candida (Dina), Antonia.
Nonna Angela non alloggiò a lungo dalla mamma perché il posto era poco, rapportato al numero di persone che ci vivevano, trovarono una sistemazione qui a Stroppari da un’altra vedova che abitava vicino alla sorella Amabile. Questa vedova aveva un figlio un po’ ritardato, ma godeva di una condizione economica che le consentiva di dare alla famiglia di nonna Angela alloggio e vitto in cambio di lavoro e compagnia.
Tanti sono i racconti di quel periodo che ho sentito a riguardo da mio padre, di come in qualche situazione e a seconda dell’umore ricevevano atti maldestri o riguardi da Piero (“dea Lusia” così lo chiamavano).
Poi venne il momento in cui il comune assegnò loro un’abitazione, cioè una baracca in un luogo dove ne aveva allestito diverse, e per questo motivo questo luogo si chiamò via Baracche. (Prima via Baracche si chiamava strada delle prese).